Le vacanze

E rieccoci qui, al mare, in villeggiatura; un caldo. Non ho chiaro se è il buco nell’ozono a provocare l’effetto serra o viceversa, ma non si respira; si sta bene solo al supermercato con l’aria condizionata a tutto bordone che gela il sudore addosso e dopo ti vengon accidenti di dolori e congestioni, ma lipperlì ci si sente riavere. E allora via di prescia al supermercato. Colà ci si trattiene e ci s’intrattiene in questa ridiculissima alba di millennio megli’assai che sotto a’ pergolati o ad aspettare il maestralino nelle rotonde sul mare. Colà, dopo versato l’obolo d’un par d’eurini (vuoto a rendere) del rotellato di salvacondotto, si procede ameni, freschi e bendisposti; che tutte le scuse son buone per far giri lunghi e riempire i carrelli di troiai, chiamandosi a gran voce: “Jessicaaa…vedi che c’è il the di ghiande pelose della Foresta Nera…” “Boris…ma quello è lo yogurt bifido verminoso della Tessaglia che fa tanto bene alle emorroidi…” “Oh, guarda Yuri, il paté di mantecato d’ orso stempiato a fucilate in Baviera…dev’essere bòno…” “Irma, s’ha a prendere la zuppa di fave biologiche del Burundi? E’ equa e solidale, con un barattolo si manda un bimbino nero a scuola…speriamo che sia promosso…se è duro come ‘l nostro ha’ voglia di mangia’ fave…!” Questi bei conversari s’intrecciano lungo le gelide corsie e buone frequentazioni fioriscono, tra villeggianti e stanziali; qualche sposa all’occasione s’è cambiata anche, e s’ è messa addosso vesticciola frale e transparente con sotto le mutande dal filo perso tra le chiappe e in presentatarm le puppe ballonzolone affacciate ai balconcini, per far ingrifare, tramite quelle pur frolle carni, onesti padri di famiglia e pallescenti pensionati in extrasistole presso i banchi de’ surgelati; i mocciosi alloggiati nei carrelli in assetto di guerra tra loro incontrandosi si scambiano fuoco di balisti di barattoli di ventresca o si scaccolano vigorosamente i nasini, e poi frignano a gran voce per merendine e patatine, e ogni tanto spazzolano gli scaffali con rovina di costosi boccioni di rhum giamaicano distillato in Taiwan. Clima da giardinetti, gradevole tempèrie di nuova socialità: solo dignitose vecchiette mal in arnese alla ricerca delle offerte convenienza, escon tristi recando pacchettoni di minestrone manciuriano liofilizzato da far durare tutta la settimana, e un poco abbrividendo agli spifferi artici, ché loro han sempre freddo come nel secolo scorso; invece noi, alle casse, scarichiamo festevoli tonnellaggi di robaccia, ben refrigerati ma con il bancomat rovente. Un calamaro gigante, mostruoso, implasticato sotto zero, mi guarda con odio mentre passa sul tapis roulant : mi sento il capitano Nemo di “Ventimila leghe sotto i mari”, ma lo mangerò io prima che lui mangi me. Ettore Borzacchini

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