…. del cioccolatino e Ambrogio

Digressione sui bonbons al cioccolato e nocciola, dichiartamente strumentale all’encomio di Ambrogio, emblematica figura di gentiluomo contemporaneo.

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Tra le maggiori fortune incontrate nel gradimento delle schiere del popolo dell’utenza da parte dei personaggi effimeri della pubblicità televisiva, si annovera quella della figura di Ambrogio.
Ambrogio è il protagonista dello spot di gran lunga più ricco di encomiabili sentimenti e di profondi patèmi di tutta la feconda produzione televisiva contemporanea; la sua vicenda è un poderoso affresco, sintetizzato in pochi tratti e con perfetta confezione, che illustra magistralmente sia il volubile comportamento della borghesia decadente, sia la tragica condizione delle classi lavoratrici sospese tra l’asservimento al bisogno e gli anèliti verso una rivoluzione di valori, per finire con la liberazione espressa attraverso la metàfora dell’apparentemente banale prodotto di mercato con cui s’esalta l’osceno strumento d’una ben più radicale catàrsi. Per questi motivi è doveroso attribuire ad Ambrogio le insegne di gentiluomo ed indirizzare le giovani generazioni all’imitazione del suo comportamento.

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La storia è semplice: la ricca signora, bella e senza età, sfarfalla in voile giallo papalino tra i fiori carnosi della sua grande serra; rappresenta l’opulenza del plusvalore che rende la vita spensierata; ella – si capisce – non è malvagia per natura, ma leggera e vanèsia, e ama il lazzo.
Di contro si staglia, in plumbea divisa da lacchè, Ambrogio, l’autista attempato e fedele che segue premuroso i volteggi della padrona tra le fronde, ne spia col volger degli occhi le graziose movenze senza che un’espressione traspaia dal volto antico ed imperturbabile.
E’ evidente il retaggio della sua discendenza da generazioni di razza contadina, adusa al manico della vanga ed alla robusta defecazione all’aperto, ai fasti della polenta asciutta (gialla, anch’essa), ma pròvvida e saggia dell’esperienza atàvica sviluppata nel contatto con la natura.

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Ed ecco che la leggiadra, la quale, vista da vicino, denuncia all’occhio attento i segni dell’inclinazione al vizio, alla corruttela, e – perchè no ? – alla pratica della fellatio d’alto lignaggio, s’accosta all’Ambrogio e maliziosetta gli manifesta: “Ambrogio… avrei un certo languorino…”
Lo spettatore avvertito, a questa dichiarazione, non trattiene un primo sobbalzo: quel languorino improvviso della bella dama da quali oscuri recessi dei visceri promana? E’ esso un incipiente solletichino all’epigàstrio provocato dal fèrreo regìme alimentare con cui la vezzosa preserva le sue avvenenti forme, oppure un vagìto di libidine che risale timidamente le pareti accidentate della sua trafficata vulva?

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La famiglia italiana media segue con grande apprensione sul video lo sviluppo degli eventi e una forte tensione attraversa il popolo dei teleutenti, come durante un comunicato del Quirinale o l’estrazione dei numeri della lotteria.
Ma l’Ambrogio non trenna – conosce i suoi polli – e quando la pottìvaga afferma svenevole che la sua non è proprio fame, egli insinua con franchezza trattarsi piuttosto di “…voglia di qualcosa di buono…”, sollevando così da dubbi ed ambasce ragionieri, casalinghe, metalmeccanici, studenti medi, i quali tutti, in un coro ideale che si leva da ogni postazione televisiva della penisola, sentenziano gnomicamente : “E’ voglia d’uccello..!” .

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E a questo punto si celebra il Trionfo dell’Allegorìa; l’Ambrogio, da cui tutti si attendono il provvidenziale ed eclatante sfoderamento di una cospicua verga proletaria, tosta e nocchiùta come un asso di bastoni, propone invece alla maliarda una piramidina di glandimorfi bonbons catafratti in aurea stagnola (quelli pure gialli), dall’aspetto invitante e lascivetto.
Espediente simbolico di una solenne, beluina copulazione tra questa Lady Chatterley meneghina ed il suo maturo chaffeur o di essa noccioloso, croccante, dolcissimo surrogato ?

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Il Grande Comunicatore Celeste che manovra i destini dei protagonisti degli spots pubblicitari lascia il pubblico nel dubbio e lo costringe ad almanaccare con l’immaginazione dietro a ciò che non si vede; allora ci sarà chi (mamme, zie, nonne, cattolici del dissenso, omeopatici, ecologisti, citrulloni sentimentali) suppone che alla fine la fatalona abbia semplicemente degustato un cioccolatino, chi (scettici, sindacalisti, pubblico impiego, anziani lubrìchi) è sicuro che ella invece sia stata gagliardamente ingroppata dal baldo autista e chi infine (professionisti, magistrati, eminenti prelati, management d’alto bordo) è disposto a giurare che la vaporosa abbia prima delibato una spanna abbondante del godevole, per quanto frugale, carnoso frutto del nostro Ambrogio e poi si sia rifatta la bocca con il delicato dolcetto.

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Né l’enigma si chiarisce con l’epilogo della vicenda che ci mostra la sinforosa appagata mentre sfiora il nostro ormai sorridente (pur sotto i baffi) eroe e lo gratifica con un: “Tu pensi proprio a tutto, Ambrogio…”
In quel momento son tutti dalla parte di Ambrogio, e anche se non compreranno mai la lodata marca di cioccolatini, sapranno apprezzare il generoso contributo di quel valoroso all’emancipazione delle classi lavoratrici; la quale, secondo gli studi più recenti dell’Istituto Gramsci, passa anche fra le cosce della moglie del padrone. Senza far dell’evento pubblico dominio, come si conviene ad un autentico gentiluomo.

(da: Giorgio Marchetti, Il Galateo del Borzacchini, Ponte alle Grazie, 2004)

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