Il caffè

L’arte sopraffina del villeggiante di razza si manifesta nel farsi comparire il caffè al caffè; non è un gioco di parole ma un esercizio di alta economia che pochissimi ormai sono in grado di effettuare in tutte le sue varianti e che consiste nel sedersi al tavolo di un locale della passeggiata a mare  notoriamente esosissimo e con l’ordinazione piú bassa nel prezzo, il caffè, tenere la postazione dalle due alle quattro ore. Innanzitutto è buona regola non rivolgersi al cameriere chiedendo un caffè tout court, ma locupletare l’ordinazione attraverso un cachettico ed annoiato vaniloquio del tipo: “… senta per favore, mi porti un espresso un po’ lungo, ma con del latte freddo a parte, e per cortesia, anche del dolcificante per diabetici…” con l’aria di pretendere qualcosa di molto particolare e complicato, che solo la squisitezza e la professionalità d’un servizio di alto rango possono procurare, lasciando altresi intravvedere al tapino l’eventualità remota ma non impossibile di una cospicua mancia.
In questo modo non vi verrà recata una miserevole tazzina bavosa ma – allo stesso prezzo  una guantiera che farà l’invidia dei vicini, con bricchi e bricchetti, almeno due zuccheriere e una considerevole quantità di bustine versicolori assai decorative, che poi, con discrezione, farete scivolare in tasca per portarle a casa; darete luogo quindi alle procedure dell’allungo del caffè con acqua calda e /o latte freddo – in piú fasi, sempre accompagnate da zuccheratura e laboriosa rimescolatura con cadenzato tintinnio di cucchiaino. La degustazione sarà lentissima e paradisiaca, con l’occhio rapito significante: madonna che caffè ci fanno qui (la variante Giovannone prevede la sarchiata finale dello zucchero residuo sul fondo con mossa rapida e ghiotta e una passata oscena della lingua sui baffì).

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